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FORUM: chiacchiere
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Estinzione del commercio al dettaglio...
     
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diegobincoletto




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postato il:
21.07.2021, alle ore 15:20
Estinzione del commercio al dettaglio... 

Sabato pomeriggio ho fatto una passeggiata nelle strade centrali della cittadina dove sono cresciuto, ci sono arrivato all'età di 7 giorni.

Un negozio su due era vuoto, e nel resto ho visto in totale un solo cliente.
Solo i bar, pasticcerie e gelaterie avevano qualche avventore seduto fuori, pochi in ogni caso.

Quando sono nato, 65 anni fa, mia madre ha aperto un piccolo negozio che vendeva di tutto come si usava allora.
Io sono cresciuto in quell'ambiente, dando una mano fin da molto piccolo.
Ho visto l'evoluzione del piccolo commercio negli anni fino all'avvento di boutiques, catene di prodotti 'pret a porter', supermercati, centri commerciali ed infine Amazon e compagni.

Riflettevo su cosa abbia contribuito ai cambiamenti nel tempo, ritengo che sia una considerazione più articolata ed interessante di quanto molti pensino.
Ovviamente molti lettori, anche per motivi anagrafici, non hanno vissuto questi cambiamenti e magari potrebbero trovare questa mia narrazione interessante.

Facciamo un resoconto cronologico.
Prima e durante la guerra in molte parti del paese, eccetto in parte le città, circolava una quantità minima di denaro contante.
Nella maggioranza dei casi c’erano forme di baratto, scambi di favori e spesso si contraevano debiti.
Questo è durato per un altro decennio dopo la fine della guerra.
Poi lentamente e gradualmente l’economia ha iniziato a migliorare grazie in particolare ai migranti che andavano a lavorare all’estero e mandavano i soldi a casa.
Piccole industrie hanno cominciato a produrre beni localmente (tenete bene a mente questa frase) e a venderli in loco oltre che esportarli.
Si è creata quella che al giorno d’oggi viene definita ‘economia circolare’, almeno per quanto riguarda l’Italia.
La gente ha iniziato ad avere moneta da spendere e così sono nati i negozi ‘tuttofare’ come quelli di mia madre.

Detto questo, è utile analizzare come funzionava l’economia in piccoli paesi.
Inizialmente, buona parte della popolazione si occupava di lavori collegati all’agricoltura ed allevamento, ed era mirata prevalentemente a garantire la sopravvivenza.
Raramente, la vendita di quei beni portava all’acquisizione di denaro contante, il più delle volte coinvolgeva uno scambio (baratto) o un’acquisizione di credito e a volte debito.
I commercianti, come venivano definiti al tempo sia coloro che avevano negozi o altro tipo di commercio (animali, ecc.) avevano una scorta minima di prodotti essenziali, il resto era ‘ordinato’ in base alla necessità (non ho mai visto i saldi allora).
Mi ricordo che mia madre aveva alcuni quaderni, divisi per tipologia mercantile, dove annotava le richieste dei clienti per poi andare settimanalmente a rifornirsi dai grossisti o fabbriche.
Non aveva un’automobile, pertanto ogni viaggio era composto da un tratto in bicicletta fino alla stazione ferroviaria o più spesso delle ‘corriere’ come venivano chiamate.
Al ritorno, considerando il numero di grandi pacchi, li lasciava in deposito e uno o due alla volta li portava in negozio con la bicicletta, un viaggio di un paio di chilometri.
Mio padre, purtroppo era malato cronico e non poteva contribuire.
Qualche volta mia madre pagava un ‘autista’ che portasse i pacchi quando pioveva o non ci riusciva da sola.

Il negozio vendeva tessuti, alcuni vestiti confezionati, intimo, lenzuola, coperte, materassi, reti tende, piccola merceria, un po’ di prodotti per il bano, un po’ di cosmetici e qualche giocattolo.
Era il tipico negozio di paese o quartiere.
Una buona parte delle vendite venivano fatte a credito, c’era un quaderno dove venivano annotati i debiti dei clienti.

Inutile dire che la vita era molto dura, i pagamenti erano dilazionati e parte dei crediti erano inesigibili (precursori dei titoli tossici). In altre parole non ci si arricchiva, era spesso una funzione sociale e un mezzo per mantenere la famiglia o al limite garantire una migliore educazione ai figli.

Poi sono arrivate le fabbriche, piccoli laboratori e officine inizialmente.
A quel punto la manodopera veniva da coloro che lavoravano in campagna, che inizialmente facevano un doppio lavoro. Era noto che la gente si prendesse le ferie, più o meno ufficiali, durante il periodo della vendemmia o della raccolta di grano e granturco.
Gradualmente l’economia si è sviluppata e con essa la disponibilità finanziaria di molti.

Sono arrivate le ‘nuove mode’, boutiques, supermercati, negozi pret a porter, ecc.
Quella che era un’economia basata sull’interscambio a livello locale (io supporto te, tu supporti me) è cominciata ad allargare l’area di attuazione gradualmente a tutto il territorio nazionale ed oltre. Comunque sempre all’interno di un gruppo di paesi con un livello di interscambi economici abbastanza bilanciato, dove il costo della vita è simile e pertanto anche i costi di produzione.
Il miglioramento della qualità della vita nel nostro paese è avvenuto inizialmente a discapito delle conseguenze ambientali e dello sfruttamento di una parte della forza lavoro.
Successivamente questo è cambiato, con conseguente notevole incremento del costo del lavoro e dei prezzi dei nostri prodotti.

Poi sono arrivati i prodotti dai paesi poveri e in via di sviluppo.
Improvvisamente sono apparsi prodotti realizzati prevalentemente in Asia a prezzi notevolmente inferiori. Si è creato un doppio effetto, la corsa all’acquisto al prezzo più basso da parte dei consumatori e la speculazione di chi vende.
Il risultato è quello che vediamo, delocalizzazione e sostituzione dei nostri prodotti con quelli fatti in altri paesi.
L’inclusione della Cina nel WTO nel 2000 ha dato la spallata finale alla produzione italiana mentre l’avvento deregolarizzato del commercio on-line ha fatto il resto.
Infine la strategia di Amazon, che ha combinato l’azione multinazionale e extraterritoriale con il controllo della logistica, unita ad una politica di prezzi molto bassi ha completato l’opera.
Il risultato lo vediamo bene tutti i giorni.
Negozi che chiudono sempre più numerosi per mancanza di clienti, il Covid amplifica un problema già presente, e sempre più gente che perde il lavoro sia nella produzione che nel commercio, con ripercussione sull’indotto e servizi.

Se ci pensate bene, è venuto a mancare quel modello di sviluppo economico basato sul supporto circolare locale delle attività e dei consumi, dove le risorse rimanevano sul territorio.
Si è aperta una enorme porta da cui entrano prodotti, prevalentemente cinesi, ed escono le risorse finanziarie.
In altre parole si è dato il via ad un processo di impoverimento del nostro paese difficilmente reversibile.
Io spesso dico alla gente che se noi acquistiamo beni prodotti da chi ha uno stipendio di 100€, mentre noi ne prendiamo 2000 o più, alimentiamo quella economia e non la nostra.

Ciò significa che in futuro anche noi ci avvicineremo ad uno stipendio di 100€ per avere un lavoro (non dimentichiamo che bisogna essere competitivi per vendere), piuttosto che quei lavoratori che ora prendono 100€ arrivino a 2000. Anche le condizioni di lavoro subiranno un grande deterioramento.
Per non parlare dell’effetto sull’ambiente che avrà la compressione del costo del lavoro per essere competitivi.

Semplice morale della storia, bisogna sempre cercare di capire cosa è successo nella storia ed analizzare i meccanismi che hanno portato benefici e svantaggi.
Questo va fatto in termini pragmatici e non demagogici.





Scusate, passavo di qua\'...
L'unica rivoluzione possibile
è quella di migliorare se stessi.
caccamo2





postato il:
21.07.2021, alle ore 16:50
L'italia è il paese europeo con più attività commerciali.
I negozi hanno solo spostato la locazione prima erano in centro ora nei centri commerciali, non cambia niente, trovi quello che fa le chiavi, il sarto, calzolaio, tutto il necessario.
Tutta la tua storia strappalacrime solo per dire che dovremo abituarci a fare la fame in nome della globalizzazione.
Non è la globalizzazione o 'le nuove mode' il problema, non a causa della cina o del pret a porte se riducono condizioni di lavoro e stipendi, la colpa è solo dei capitalisti che vogliono sempre di più.
Nessuno obbliga a delocalizzare, basterebbe accontentarsi di un gommone invece di un panfilo.
Le vedi le barche? Non sembra che il covid abbia ridotto il numero delle barche.
La tua 'analisi storica' e' errata, basata solo su impressioni soggettive e non su fatti.

Conta le barche.







...
diegobincoletto




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postato il:
21.07.2021, alle ore 17:38
Quello che ho detto io è diverso dalla tua interpretazione.
Certo se vuoi trovi i negozi e prodotti che vuoi, magari su Amazon.
Vallo a dire a tutti quelli che lavoravano in quel settore e ora non hanno niente, neanche un'altro sbocco lavorativo.
Ma tu sei quello che 'se non sei competitivo chudi!), tu che non hai mai fatto niente di tua iniziativa ne rischiato di tuo!

Vedere tutti quei negozi vuoti ed il resto senza clienti mi ricorda i paesi dell'Est Europa negli anni 90.

Visto che i capitalisti puntano a far soldi, che strano, e delocalizzano, perchè non prendi tu in gestione quelle aziende e dai lavoro al personale?

Più facile sparare sentenze su una tastiera e pretendere che siano gli altri a farsi il culo!
Bravo, Bravo direbbe Albanese.

O ti aspetti che tutti diventino 'altruisti' come te e si sacrifichino per gli altri?
Della serie 'armiamoci e partite'.

In quanto al racconto strappalacrime, non sono ne De Amicis ne Manzoni e tanto meno uno scrittore.
Ho semplicemente raccontato una storia che ho vissuto con la mia famiglia che può essere utile a coloro che non hanno vissuto quel periodo e quelle situazioni.

Io non ho mai avuto una barca e non l'avrò mai, costa troppo.
Si sta presto a confiscare tutte le barche, poi voglio vedere chi ne vuole una, e uccidere anche quel settore economico. Bravo ancora!



Scusate, passavo di qua\'...
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caccamo2





postato il:
21.07.2021, alle ore 19:31
diegobincoletto:
Visto che i capitalisti puntano a far soldi, che strano, e delocalizzano, perchè non prendi tu in gestione quelle aziende e dai lavoro al personale?

Perché per prendere in gestione le aziende devi essere figlio del capo o avere un milione da investire.
Il lavoro non lo danno i capitalisti, i capitalisti non fanno niente e non rischiano niente, si intascano tutti gli utili dichiarano fallimento e la cassa e la disoccupazione li paga lo stato.
Non dovrebbe essere un problema chiudere un settore per aprirne un altro se è nell'interesse della società.
E lo è a meno che tu non ti sia perso le macchine distrutte dalle grandinate continue di questi giorni o credi che il panfilo di briatore vada a pannelli solari?
E no, non ho inventato io il motto 'i lavoratori si devono abituare a cambiare lavoro continuamente', bravo dillo a loro.



...
pippodue




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postato il:
21.07.2021, alle ore 20:43
caccamo2:
Non sembra che il covid abbia ridotto il numero delle barche.

Per i meno abbienti rimane sempre il camper, come forma di distanziamento (anti)sociale



anche i grandi uomini, come gli uomini comuni, possono talvolta cadere in errore (Voltaire)
diegobincoletto




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postato il:
22.07.2021, alle ore 10:29
Lo scopo di questo thread non era quello di scatenare l'ennesima bagarre con denigrazioni ed insulti, tanto meno portarla su un piano ideologico.
Purtroppo c'è qualcuno che non ne può fare a meno.

Volevo sottolineare due cose :

1 - far conoscere o ricordare l'evoluzione storica dell'economia recente di questo paese, vista dalla parte della gente comune (vissuta) e non degli intellettuali (teorica e spesso ideologica).

2 - Ricordare che eravamo usciti da una guerra in condizioni disastrose e che solo lo spirito di collaborazione e supporto comunitario ha permesso di raggiungere i risultati che conosciamo. Il supporto reciproco a livello territoriale ha permesso a tutti di migliorare la propria posizione economica.

Da un certo punto di vista ci troviamo in una situazione analoga ora.
I problemi della nostra economia erano chiari ben prima dell'avvento della pandemia, che ha provveduto ad accentuarli.
L'enorme dipendenza da importazione di prodotti finiti dall'estero non facilita la creazione di posti di lavoro, wealfare e tanto meno benessere.

L'Italia è storicamente carente di materie prime e fonti di energia, pertanto può solo sfruttare la trasformazione, come ha fatto negli ultimi 70 anni.
La trasformazione però non può essere fine a s stessa, bisogna anche vendere quello che si produce.
La situazione attuale è più complessa che in passato, in quanto la concorrenza è estremamente più forte.
Siamo un po' nella situazione in cui era la Germania verso l'Italia e altri paesi che erano molto più competitivi a livello di prezzi.
Come ne sono usciti?
Da una parte con un atteggiamento nazionalistico della popolazione che ha preferito acquistare i loro prodotti anche se più costosi (economia circolare locale), dall'altro creando tecnologia e prodotti di alta qualità.

La seconda è molto difficile per noi in quanto non abbiamo una 'direzione' molto illuminata e retaggi criminal-culturali che hanno interesse a mantenere il paese sottosviluppato.

Ci rimane la prima, acquisire un atteggiamento più nazionalistico nel senso di supportare l'economia nazionale, dando modo alla ricrescita di quelle iniziative artigianali e commerciali che hanno fatto risollevare l'Italia dopo da guerra.

Ricordiamoci che questo è avvenuto grazie a quello che è stato chiamato 'ingegno', che io definisco lavoro duro ed impegno per creare e/o acquisire competenza.
Purtroppo il periodo di 'vacche troppo grasse' vissuto degli ultimi decenni ha portato la gente a valorizzare la forma più che la sostanza.
Gli esempi di successo sociale sono diventati i giocatori di calcio, le soubrette, i tronisti, gli 'influencer' e via dicendo.
I media e poi i social hanno largamente contribuito a far affermare i nuovi trend, il tutto con il benestare più o meno placido degli educatori (genitori, insegnanti, politici, ecc.).

Ovviamente la corsa a possedere 'tutto' a prescindere, a scapito di cosa e perchè (l'utilità), ha fatto in modo che l'acquisto fosse dettato dall'accumulare grandi quantità di beni, spesso inutili, al prezzo più basso, piuttosto che selezionare cosa realmente serve e di qualità che possono essere prodotte sul territorio.
La mancanza di mercato interno per i prodotti di qualità al prezzo giusto ha fatto morire moltissime piccole e grandi aziende, perdendo con esse anche le infrastrutture produttive e la conoscenza professionale che non è stata tramandata.
Tutto questo non può essere ricreato con i tanto acclamati ‘soldi’ del Recovery Found, che sono prevalentemente un debito.
Non si recuperano le infrastutture e professionalità perse dalla sera alla mattina solo perché arrivano dei soldi.








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ENRICO51





postato il:
22.07.2021, alle ore 10:59
diegobincoletto:


Semplice morale della storia, bisogna sempre cercare di capire cosa è successo nella storia ed analizzare i meccanismi che hanno portato benefici e svantaggi.
Questo va fatto in termini pragmatici e non demagogici.



Chiaramente, il modo giusto per analizzare è il tuo. Devi vivere in un posto davvero sfigato per vedere tutto questo disastro, io vedo fin troppa gente in ristoranti, bar e pizzerie. Sabato sera c'erano 2 km di coda per andare al McDonald. Comunque se il sistema non funziona e su questo concordo, la colpa è del capitalismo e di chi continua a sostenerlo ad occhi chiusi.
Condivido il pensiero di caccamo2, il vero nemico è il capitalismo o più precisamente il capitalismo senza controllo, dove i ricchi ammassano capitali col semplice scopo di soddisfare se stessi. Abbiamo già discusso di queste cose, ma ho visto troppi sordi e altri che si coprono le orecchie per non sentire. Diego, se ti compri la bicicletta non puoi ignorare che per andare avanti devi pedalare e chi pedala più forte va avanti, chi non ce la fa rimane indietro o si ferma.



L'uomo ha diviso l'atomo ma non sa dividere il pane
Anche il chiodo ha la testa però non ci ragiona, la stessa cosa capita a più di una persona.(Gianni Rodari)
nautiluso




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postato il:
22.07.2021, alle ore 13:20
Non ho letto tutti i post ma se si parla di imbarcazioni mi sento di poter sintetizzare. Dal 2009 si assiste ad una progressiva separazione del mercato tra barche superiori ai 24 metri (yacht e superyacht) e vele fino a 44 piedi.
L' Italia assolve in pratica alla metà della domanda delle costruzioni di lusso.
A fronte di un incremento del mercato globale del 10..12 si nota una certa stasi del refitting. Se il mercato boat pleasure fosse di auto si potrebbe sintetizzare in questo modo:

- si comprano Panda nuove, si portano poco in carrozzeria le Panda vecchie
- sono in pratica sparite le Golf, quelle vecchie si aggiustano pochino
- Si vendono molte Mercedes e BMW nuove, ma anche numerose (rispetto al mercato) Rolls

per il resto, ovvero come interpretare i dati non entro nel merito.

Ovviamente se qualcuno ha dati discordi da fonti affidabili li seguo con attenzione
diegobincoletto




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postato il:
22.07.2021, alle ore 17:29
natiluso, niente di personale ma sei completamente off topic, anche se indirizzato da altri.

Nulla toglie che tu possa aprire un thread su questo argomento.



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schottky





postato il:
22.07.2021, alle ore 18:22
Infatti nautiluso ha dimenticato di scrivere che la maggior parte degli Italiani la barca, che sia una panda, una golf o una rollsroyce, non ce l'ha


Il vantaggio di essere intelligente e' che si puo' sempre fare l'imbecille, mentre il contrario e' del tutto impossibile. -- W. Allen
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