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I MOTORI PASSO-PASSO tipo: livello:
tutorial sulle loro caratteristiche principali e le tecniche per utilizzarli
 
 




I motori passo-passo

I motori passo-passo, spesso chiamati anche step o stepper, sono caratterizzati nel panorama dei motori elettrici da una serie di particolarità che ne fanno la scelta (quasi) ideale per tutte quelle applicazioni che richiedono precisione nello spostamento angolare e nella velocità di rotazione, quali la robotica ed i servomeccanismi in genere. In questo tutorial presento le loro caratteristiche principali e le tecniche per utilizzarli.


I motori passo-passo - Versione 2.1a - Giugno 2001
Copyright © 2001, Vincenzo Villa

 

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I vantaggi dei motori passo passo:

  • E' possibile realizzare azionamenti di precisione controllati da computer in catena aperta, cioè senza utilizzare sensori di posizione o di velocità. Sono quindi utilizzabili con relativa semplicità e senza richiedere particolare potenza di calcolo.
  • Hanno un'elevata robustezza meccanica ed elettrica: infatti non esistono contatti elettrici striscianti e, se necessario, possono essere realizzati anche in esecuzione completamente stagna.
  • E' facile far compiere all'albero piccole rotazioni angolari arbitrarie in ambedue i versi e bloccarlo in una determinata posizione.
  • La velocità di rotazione può essere molto bassa anche senza l'uso di riduttori meccanici.

Ovviamente hanno anche difetti:

  • Richiedono sempre circuiti elettronici per il pilotaggio, in genere di tipo digitale.
  • Hanno un funzionano a scatti e con forti vibrazioni, soprattutto ai bassi regimi e se si adottano le tecniche di pilotaggio più semplici.
  • Il loro rendimento energetico è basso e, in genere, la potenza meccanica è piccola.
  • Hanno un costo elevato, relativamente ad altri tipi di motore con analoghe prestazioni.
  • Difficilmente raggiungono velocità di rotazione elevate.

Solo ultimamente e solo per le applicazioni high-end sono stati sostituiti da motori brushless o da attuatori voice-coil ma le complicazioni costruttive e la difficile reperibilità rendono a volte queste opzioni poco praticabili per l'hobbista.

image002 - Due motori passo-passo

La fotografia mostra una coppia di motori step recuperati da vecchie stampanti. Si nota immediatamente la presenza di numerosi fili di alimentazione.

Una domanda ricorrente è relativa a negozi che vendono motori passo-passo a prezzi ragionevoli: per l'hobbista occorre dire che la scelta praticamente obbligata è quella di far riferimento a materiale usato recuperato da stampanti (ottime quelle vecchie ad aghi, soprattutto se di grandi dimensioni), da vecchi dischi per computer o da altri apparecchi meccanici collegati a sistemi digitali. Inoltre sono spesso venduti nelle fiere o da commerciati su surplus elettronico a prezzi più che ragionevoli.

Per il nuovo, provate a sfogliare un catalogo per corrispondenza... se non avete un budget più che robusto tornerete al mio primo consiglio.

Il principio di funzionamento

I motori passo-passo sono motori che, a differenza di tutti gli altri, hanno come scopo quello di mantenere fermo l'albero in una posizione di equilibrio: se alimentati si limitano infatti a bloccarsi in una ben precisa posizione angolare.

Solo indirettamente è possibile ottenerne la rotazione: occorre inviare al motore una serie di impulsi di corrente, secondo un'opportuna sequenza, in modo tale da far spostare, per scatti successivi, la posizione di equilibrio.

E' così possibile far ruotare l'albero nella posizione e alla velocità voluta semplicemente contando gli impulsi ed impostando la loro frequenza, visto che le posizioni di equilibrio dell'albero sono determinate meccanicamente con estrema precisione.

La costruzione elettromeccanica

I motori passo-passo si dividono tradizionalmente in tre grandi gruppi: motori a magnete permanente, motori a riluttanza variabile e motori ibridi; questi ultimi sono i migliori. In realtà la quasi totalità di quelli oggi reperibili (sia sul mercato dell'usato che tra i materiali nuovi) sono proprio del terzo tipo, per cui mi limiterò a descrivere brevemente la struttura di questi ultimi.

Occorre dire che, dal punto di vista dell'utilizzatore hobbistico, non esistono praticamente differenze d'uso tra i tre tipi, soprattutto tenendo conto che si è nell'impossibilità pratica di reperire tutte le caratteristiche elettromeccaniche dei motori che già si possiedono. Cambiano invece le prestazioni ma per chi recupera materiale di scarto questo è un problema secondario.

Un motore ibrido è costituito da un rotore e da uno statore; nella fotografia seguente riporto un esemplare non particolarmente recente ma in cui si vede  chiaramente la struttura.

image004 - Uno stepper aperto

Il rotore appare come una coppia di ruote dentate affiancate e solidali all'albero (i "denti" sono chiamati coppette) costituite da un nucleo magnetico (le due ruote sono permanentemente magnetizzate, una come NORD, l'altra come SUD) e le coppette in materiale ferromagnetico. Il numero di denti è variabile ma 50 è in assoluto il più frequente. Tra le due ruote è presente uno sfasamento esattamente pari ad 1/2 del passo dei denti: il dente di una delle due sezione corrisponde quindi alla valle dell'altra. Nel rotore non sono presenti fili elettrici e quindi manca completamente ogni connessione elettrica tra la parte in movimento e quella fissa. In genere il rotore è montato su cuscinetti a sfera, anche nei modelli economici.

Lo statore appare come il classico insieme di avvolgimenti ed il circuito magnetico è costituito da 4 o, più frequentemente, 8 "espansioni polari" (otto in quello mostrato fotografia). All'interno dello statore sono presenti piccoli denti che si affacciano esattamente a quelli del rotore. O meglio, sono esattamente affacciati al rotore solo il gruppo di denti appartenenti ad una espansione polare e a quella opposta; le altre coppie sono sfalsate rispettivamente di 1/4, 1/2 e 3/4 del passo dei denti. Avvolti intorno ai poli magnetici dello statore ci sono i fili che, opportunamente percorsi da corrente, generano il campo magnetico.

All'esterno sono evidentemente presenti le alimentazioni dei vari avvolgimenti; in pratica le fasi possono essere avvolte secondo due schemi:

  • Sono presenti due soli avvolgimenti (avvolti su più espansioni polari) e quindi all'esterno arrivano due sole coppie di fili: in questo caso si parla di motori bipolari in quanto la corrente dovrà percorrere le fasi nei due versi al fine di creare gli opportuni campi magnetici.
  • Sono presenti quattro avvolgimenti avvolti a coppie, in antiparallelo, sulle espansioni polari; all'esterno arrivano almeno cinque fili (spesso sono infatti presenti delle connessioni interne al motore tra le varie fasi). Si parla in questo caso di motori unipolari in quanto la corrente nella singola fase ha sempre lo stesso verso. E' possibile creare due campi magnetici opposti semplicemente scegliendo in quale dei fili debba passare la corrente.

Una tipologia particolare di motore passo-passo è utilizzabile sia in configurazione unipolare che bipolare: si tratta di quelli a 6 fili. Nella figura seguente questo tipo di motore l'ho schematizzato con i quattro induttori racchiusi nel rettangolo tratteggiato, senza indicare esplicitamente anche la resistenza equivalente, comunque presente.

image006 - Connessioni interne in un motore a 6 fili

I due avvolgimenti Ph1 e Ph2 sono avvolti sullo stesso nucleo in modo tale che la corrente entrante dal terminale 1 crea due campi magnetici opposti a seconda che il terminale di uscita sia A oppure B. In questo caso abbiamo uno schema equivalente ad un motore unipolare.

Se invece la corrente entra da A ed esce da B si crea un campo magnetico opposto al caso in cui la corrente entra da B ed esce da A; in questo caso, dal terminale 1 non passa corrente ed abbiamo un funzionamento come motore bipolare (ed infatti sono usati solo 4 fili: i terminali 1 e 2 non devono essere connessi).

La stessa cosa succede per Ph3 e Ph4.

Analoghe considerazioni possono essere fatte per i rari motori a 8 fili.

Per distinguere i due tipi di motore, per i quali sono richieste tecniche di pilotaggio molto diverse, basta ovviamente contare i fili uscenti: se sono 4 abbiamo un motore bipolare, se sono 5 un unipolare, se sono 6 o 8 possiamo scegliere il tipo di pilotaggio più opportuno.

Il numero di differenti posizioni di equilibrio presenti in una rotazione completa dell'albero è in genere indicato come passi per giro e dipende del numero dei denti del rotore e dai poli dello statore, non dal numero di fili uscenti o dal numero delle fasi. Questo numero è spesso stampata sul contenitore. In alternativa, a motore non alimentato, è possibile far ruotare lentamente e con molta delicatezza il rotore e contare il numero di "click" necessari per compiere un giro, possibilmente aiutandosi con una tacca di riferimento sull'albero per individuare la fine di un giro. Valori normali sono 16 (solo i motori più vecchi), 100, 200 "click" per giro, numeri che hanno tutti la proprietà di essere divisibile per quattro.

Con "intenti didattici" molti testi presentano disegni che erroneamente legano il numero di passi al numero delle fasi, creando non poche confusioni a chi inizia. In realtà le fasi sono sempre due o quattro, indipendentemente dal numero degli step per giro.

L'elettronica di pilotaggio

Come ho già detto, per il funzionamento del motore passo-passo è necessario applicare in opportuna sequenza e verso impulsi di corrente attraverso l'uso di interruttori elettronici.

Per ciascuno dei tipi di motore (unipolare o bipolare) esiste uno specifico schema di funzionamento.

Il pilotaggio dei motori unipolari

I motori unipolari sono piuttosto facili da pilotare, perlomeno se sono richieste basse prestazioni, in quanto è sufficiente usare quattro interruttori opportunamente connessi in modo da far passare la corrente nelle fasi secondo l'ordine corretto.

Il fatto di avere quattro avvolgimenti lo rende però un motore con uno scarso rapporto peso/potenza ed in definitiva adatto solo per le applicazioni più semplici.

Come ho già detto le fasi sono in parte internamente collegate e ciò fa si che i fili uscenti in genere non sono 8 (due per fase) ma 5 o 6.

image008 - Pilotaggio dei motori unipolari

Qui sopra ho rappresentato lo schema del collegamento elettrico di un motore unipolare; nel caso rappresentato ho usato un motore a 6 fili ma se fossero solo cinque, semplicemente significa che la connessione che nello schema ho fatto esternamente in corrispondenza della tensione di alimentazione è interna al motore. Se fossero otto significa che esce una coppia di fili per ciascuna fase e che quindi tutti i collegamenti devo essere effettuati esternamente.

Senza alimentazione il motore ruota liberamente anche se, provando a far girare l'albero a mano, si sente un certo funzionamento a scatti.

Facendo passare corrente in una sola delle fasi il motore rimane bloccato in una posizione di equilibrio: in questo modo il motore offre una notevole coppia che si oppone a qualunque spostamento. La rotazione è ottenuta cambiando in opportuna sequenza la fase (o le fasi) a cui la corrente è applica; la corrente che deve attraversare una fase è costante sia in modulo che in verso e viene indicata come corrente nominale. In genere è indicata sul contenitore del motore (in alternativa possiamo trovare la resistenza degli avvolgimenti e la tensione di alimentazione).

La sequenza con cui la corrente è applicata alle fasi può essere di vari tipi diversi:

Wavemode: è il sistema base di funzionamento; con esso la corrente è applicata ad una sola delle fasi alla volta, secondo la tabella seguente (Ph indica ciascuna delle quattro fasi, I indica la corrente nominale in ciascuna fase, 0 indica l'assenza di corrente).

Spesso la fase in cui scorre corrente è indicata come "energizzata".

Passo Ph1 Ph3 Ph2 Ph4
1 I 0 0 0
2 0 I 0 0
3 0 0 I 0
4 0 0 0 I

Questo metodo è a volte chiamato anche One-phase-on full step per evidenziare il fatto che una sola fase alla volta è energizzata e che la distanza tra passi successivi è pari a quanto indicato sui dati di targa del motore.

Da notare che, nelle tabelle, le fasi non sono elencate in ordine numerico: la cosa ha però solo un interesse speculativo in quanto difficilmente si conosce la corrispondenza tra numero della fase e fili effettivamente uscenti.

Per ottenere la rotazione del motore è necessario scorrere le righe della tabella, cambiando la fase in cui la corrente scorre.

E' necessario tener presente che la tabella deve essere vista come circolare: dopo l'ultima riga, ritroviamo infatti la prima.

Two phase-on: la corrente è applicata contemporaneamente a due fasi. In questo modo il rotore è trattenuto in posizioni di equilibrio intermedie a quelle tipiche del funzionamento wavemode.

La coppia disponibile è circa 1,4 volte maggiore di quella ottenuta con una sola fase attiva alla volta: le due forze applicate contemporaneamente possono essere infatti viste come tra loro perpendicolari e, per chi ricorda qualcosa di trigonometria, non è difficile comprendere da dove nasce quel "radice di due".

Il consumo di corrente e quindi il riscaldamento raddoppiano. Questo fatto potrebbe creare problemi in alcuni motori non adatti a questo tipo di pilotaggio.

Passo Ph1 Ph3 Ph2 Ph4
1 I I 0 0
2 0 I I 0
3 0 0 I I
4 I 0 0 I

Half-step: è in pratica l'alternarsi delle configurazioni dei due metodi appena visti e si basa sulla constatazione che tra le posizioni di equilibrio dello due sequenze precedentemente viste è presente uno sfasamento di esattamente mezzo passo.

Passo Ph1 Ph3 Ph2 Ph4
1 I 0 0 0
2 I I 0 0
3 0 I 0 0
4 0 I I 0
5 0 0 I 0
6 0 0 I I
7 0 0 0 I
8 I 0 0 I

Il vantaggio è che raddoppia il numero di passi disponibile per un certo motore. Lo svantaggio è una discreta irregolarità nella coppia (che per ogni passo cambia da 1 a 1.4 o viceversa) e nel consumo di potenza (che, sempre per ogni passo, cambia da 1 a 2), ambedue mediamente intermedi rispetto agli altri due metodi.

Questo metodo è spesso indicato come half-step senza controllo di coppia per sottolineare come la coppia meccanica sia variabile.

In alternativa è possibile adottare tecniche capaci di rendere omogenea la coppia ma, per i motori unipolari, questa non è una scelta conveniente a causa della complessità del circuito da realizzare in rapporto agli effetti utili; è invece una via praticabile per i motori bipolari e quindi ne parlerò solo nel paragrafo successivo.

Le sequenze indicate nelle precedenti tre tabelle sono relative alla rotazione del motore in un verso: applicando continuamente la sequenze 1-2-3-4-1-2. si ottiene la rotazione dell'albero in un verso; per invertire il senso di rotazione basta invertire l'ordine con il quale sono lette le righe delle tabelle: 4-3-2-1-4. (non va quindi cambiato il verso delle correnti, che rimane invariato).

Da notare che non esiste nessuna corrispondenza tra il numero delle righe delle tabelle sopra riportate ed il numero di posizioni angolari che il motore assume: in genere è necessario "scorrere" molte volte la tabella per ottenere la rotazione dell'albero di un giro. Per esempio in un motore con quattro fasi e 200 passi/giro è necessario applicare per 200 volte (400 volte per l'half-step) gli impulsi di corrente per ottenere la rotazione di un giro dell'albero: in pratica occorre scorrere 50 volte la tabella.

Purtroppo, malgrado qualche tentativo di standardizzazione, esiste una forte anarchia nell'assegnazione dei colori ai vari fili che escono da un motore passo-passo: l'unica soluzione è quella di misurare la resistenza degli avvolgimenti (le fasi sono tra loro identiche e presentano quindi esattamente la stessa resistenza, in genere da pochi a poche decine di ohm) e quindi collegare i fili all'elettronica di pilotaggio in base a quest'unica informazione: pur essendo tante le combinazioni possibili, metà di queste funzionano correttamente (o meglio: nel 25% dei casi il motore ruota in un verso, in un altro 25% nel verso opposto, nel 50% dei casi non ruota ma vibra con piccoli movimenti angolari). Nel caso di errore di connessione basta invertire i collegamenti di una sola coppia di fili.

Il circuito necessario per il pilotaggio è piuttosto semplice: sopra ho già riportato uno schema di principio in cui sono usato come interruttori quattro MOS. Attenzione però: non utilizzarlo in quanto, così come è, danneggerebbe i transistor, come di seguito spiegato.

Il pilotaggio dei motori bipolari

I motori bipolari sono caratterizzati dall'avere solo quattro fili di connessione. Una categoria particolare è costituita dai motori unipolari a sei fili: è infatti sufficiente in questi motori non collegare la coppia di fili comuni tra due fasi per ottenere un motore bipolare, anche se in genere con caratteristiche peggiori di quelli che" nascono bipolari".

Per questi motori il pilotaggio è più complesso che per quelli unipolari: infatti la corrente deve attraversare gli avvolgimenti nei due versi e questo rende piuttosto complesso il circuito di pilotaggio. Il vantaggio deriva dal fatto che, essendo le fasi due anziché quattro, a parità di potenza del motore, il peso e la dimensione sono minori in quanto è necessario usare una minor quantità di rame. Inoltre, usando appositi schemi, è possibile ottenere circuiti di pilotaggio più efficienti in termini di consumo energetico e velocità di rotazione ottenibile.

Infine si rende possibile introdurre nuove modalità di pilotaggio senza appesantire in modo sostanziale le difficoltà di progettazione dell'elettronica di potenza.

Anche nel pilotaggio bipolare sono possibili diverse modalità:

WaveMode: una sola fase alla volta è attiva. Da notare che le condizioni di funzionamento per ciascuna fase sono tre: corrente in un verso, corrente nell'altro verso, assenza di corrente (situazioni indicate rispettivamente con I, -I e 0 nella tabella).

Passo Ph1 Ph2
1 I 0
2 0 I
3 -I 0
4 0 -I

Two phase-on: la corrente è sempre presente nelle due fasi ma cambia verso. Ho già descritto nel paragrafo dedicato ai motori unipolari gli effetti sulla coppia (che aumenta di 1.4 volte) e la corrente assorbita (che raddoppia).

Passo Ph1 Ph2
1 I I
2 -I I
3 -I -I
4 I -I

Half-step senza controllo di coppia: è l'insieme dei due metodi precedenti, con l'effetto principale di ottenere il raddoppio del numero dei passi. Ho già descritto gli effetti sulla coppia e la corrente assorbita.

Passo Ph1 Ph2
1 I 0
2 I I
3 0 I
4 -I I
5 -I 0
6 -I -I
7 0 -I
8 I -I

Half-step con controllo di coppia: parlando della tecnica di pilotaggio a mezzo passo ho accennato al fatto che, quando la corrente scorre in due fasi contemporaneamente la coppia è maggiore di quando la fase energizzata è una sola. Il problema è risolvibile riducendo la corrente che passa nelle due fasi ad un valore tale che la coppia rimanga costante. Chi ha voglia di pensarci un po' su, scoprirà che tale corrente va ridotta a 0,707 volte quella nominale.

La tabella che ne nasce è quella che riporto di seguito, dove I rappresenta la corrente nominale.

Passo Ph1 Ph2
1 I 0
2 0,707*I 0,707*I
3 0 I
4 -0,707*I 0,707*I
5 -I 0
6 -0,707*I 0,707*I
7 0 -I
8 0,707*I 0,707*I

Se si vuole adottare questo schema di pilotaggio occorre aggiungere alla difficoltà di invertire il verso della corrente anche quella di doverne regolare il modulo. Usando le stesse tecniche normalmente necessarie per pilotare con efficienza un motore bipolare e descritte in seguito, questo problema non è insormontabile. Sarebbe invece un grosso problema per i motori unipolari, in quanto usati soprattutto quando l'obiettivo principale è la semplificazione dell'elettronica, anche a scapito delle prestazioni.

Da notare infine che permane il problema dell'irregolarità di assorbimento di corrente ma gli effetti negativi di questo fenomeno sono in genere poco rilevanti e comunque minori che nel caso di non controllo della coppia (la corrente varia da 1 a 1.4 anziché da 1 a 2).

Il microstepping: un'evoluzione del metodo di pilotaggio half-step con controllo di coppia è basato sulla considerazione che, così come posso ottenere un passo intermedio alimentando in contemporanea due fasi, posso ottenere una serie ampia a piacere di posizioni intermedie inviando due correnti di diverso modulo nelle due fasi adiacenti: il rotore si posizionerà tanto più vicino ad una posizione di equilibri tanto maggiore sarà la corrente nella fase corrispondente rispetto a quella dell'altra.

In pratica le correnti assumono un andamento che tende ad approssimare quello sinusoidale, con uno sfasamento di 90° tra le due fasi. Ciò fa assomigliare il funzionamenti del motore passo-passo a quello di un motore sincrono a due fasi, che in effetti è suo stretto parente.

Di seguito la tabella necessaria per quadruplicare il numero di passi, ampliabile a piacere semplicemente tenendo presente che la corrente assume il valore massimo in una fase quando nell'altra è zero e che la somma dei quadrati dei coefficienti delle due correnti deve sempre essere uno (in pratica una sinusoide ed una cosinusoide...).

Passo Ph1 Ph2
1 I 0
2 0.924*I 0.383*I
3 0.707*I 0.707*I
4 0.383*I 0.924*I
5 0 I
6 -0.383*I 0.924*I
7 -0.707*I 0.707*I
8 -0.924*I 0.383*I
9 -I 0
10 -0.924*I -0.383*I
11 -0.707*I -0.707*I
12 -0.383*I -0.924*I
13 0 -I
14 0.383*I -0.924*I
15 0.707*I -0.707*I
16 0.924*I -0.383*I

Per regolare la corrente serve una notevole dose di "intelligenza" all'elettronica di pilotaggio in quanto è necessario inviare invece di una semplice onda quadra un segnale sinusoidale variabile in fase e frequenza: in pratica applicazioni concrete possono essere fatte solo con un processore dedicato oppure, recentemente, con appositi circuiti integrati.

Il vantaggio, accanto al possibile enorme aumento del numero di posizioni dell'albero (cosa peraltro più teorica che pratica in quanto occorrerebbe realizzare una meccanica molto precisa e quindi costosa), consiste nell'eliminazione praticamente totale del funzionamento a scatti, uno dei difetti più importanti di questo tipo di motore nelle applicazioni di precisione.

Anche in un motore bipolare, per invertire il senso di rotazione è necessario invertire l'ordine di applicazione della sequenza scorrendo la tabella da basso in alto.

Il circuito di pilotaggio è più complesso di quello unipolare in quanto è necessario fornire anche l'inversione del verso della corrente, normalmente attraverso il cosiddetto "ponte ad H": non solo servono il doppio dei transistor di potenza ma metà di questi hanno l'emettitore o il source non connesso a massa, con qualche complicazione nell'adattamento delle tensioni di pilotaggio.

image010 - Ponte ad H

Facendo riferimento allo schema sopra riportato, per far passare corrente in una fase devono essere attivate contemporaneamente le coppie di transistor in diagonale (per esempio M6 ed M11 per il passaggio della corrente in un verso, M7 e M10 per il passaggio nell'altro verso).

Occorre evitare nel modo più assoluto la contemporanea conduzione dei transistor sullo stesso lato (per esempio M6 e M7): infatti si creerebbe un cortocircuito con possibile distruzione dei transistor o dell'alimentatore.

Anche in questo caso lo schema è solo di principio.

Ovviamente ulteriori complicazioni insorgono se si vuole utilizzare la tecnica di pilotaggio microstepping o a mezzo passo con controllo di coppia in quanto occorrerebbe perlomeno prevedere una resistenza per la misura della corrente.

Anche per questi motori l'individuazione dei fili corrispondenti alle varie fasi va fatta con l'ausilio di un tester e provando quindi, a caso, una delle combinazioni compatibili con le resistenze misurate.

La logica di pilotaggio

Osservando le tabelle riportate si vede come, per far ruotare un motore passo-passo, sia necessario generare un'opportuna sequenza di segnali logici. Questo può essere ottenuti in vari modi:

  • Attraverso un circuito integrato specializzato. In genere è il sistema più utilizzato. Per il controllo sono in teoria necessari due soli segnali: uno per la direzione (indicato con le sigle CW e CCW, cioè orario ed antiorario, corrispondenti allo scorrimento della tabella dall'alto in basso o viceversa) ed un clock che, per ciascun impulso, fa ruotare il motore di un passo nella direzione voluta, cioè scorre una riga della tabella. In genere sono disponibili altri pin ausiliari: scelta del funzionamento wave-mode, dual-phase o half-step, spegnimento di tutte le fasi, varie uscite di controllo utili per verificare lo stato del motore (eccessiva temperatura, cortocircuito, bassa tensione di alimentazione...). Classici integrati di questo tipo, ancora ampiamente utilizzati anche se tecnicamente superati, sono SAA1027 per motori unipolari e L297 per motori bipolari.
  • Attraverso circuiti digitali generici. Una scelta raramente opportuna, a meno di avere necessità particolarmente semplici (ad esempio serve la rotazione in un solo verso) oppure di disporre di integrati digitali programmabili.
  • Attraverso il pilotaggio diretto da parte di un processore. Utile per risparmiare sul numero dei componenti, anche a scapito dell'efficienza computazionale.

Sul mercato sono disponibili anche schede molto complesse per la gestione dei motori passo-passo, con cui basta semplicemente impostare i parametri di un intero profilo, scrivendo comandi in alcuni registri oppure attraverso un linguaggio di programmazione ad alto livello. Ma difficilmente sono accessibili all'hobbista.

Il diodo di ricircolo

Come ho detto più sopra i circuiti di pilotaggio che ho disegnato sono solo di principio: infatti quando si pilotano carichi induttivi è sempre necessario inserire il cosiddetto "diodo di ricircolo", pena la repentina distruzione del transistor di potenza a causa delle tensioni elevate generate da motore.

Vediamo di spiegarne il motivo.

Ciascun avvolgimento del motore passo-passo è sostanzialmente in induttore, cioè un oggetto che tende a mantenere costante la corrente che in esso scorre. Quando un transistor si apre, la corrente istantaneamente dovrebbe andare a zero; l'induttore tende però ad impedire questo repentina diminuzione e per fare questo tende a far salire la tensione sul collettore del transistor (immaginate il transistor che, improvvisamente, sia diventato una resistenza molto elevata in cui l'induttore tenta di far passare una corrente elevata: per la legge di ohm, la tensione deve salire). La tensione arriva facilmente a centinaia di volt, danneggiando il transistor stesso. Tale tensione è spesso chiamata "di fly-back".

Per evitare questo fenomeno distruttivo viene inserito in parallelo alla bobina del motore un diodo che fornisce alla corrente una via alternativa a quella del transistor nel momento in cui questo si apre.

image011 - Il diodo di ricircolo

Il catodo va connesso alla tensione di alimentazione: in pratica la corrente va "in salita". Nello schema è rappresentata a sinistra la situazione in cui il transistor è in conduzione (la corrente attraversa l'avvolgimento del motore ed il transistor; nel diodo non passa corrente in quanto polarizzato inversamente). A destra invece l'andamento della corrente subito dopo l'apertura del transistor: la stessa corrente che prima attraversava il transistor ora passa nel diodo.

Ovviamente quest'ultima situazione si esaurisce abbastanza rapidamente, mancando generatori in grado di mantenere nel tempo il passaggio di corrente.

I diodi da utilizzare devono avere due caratteristiche fondamentali:

  • Essere veloci, cioè essere capaci di passare in poco tempo dalla condizione di non passaggio di corrente a quella di conduzione e viceversa. In genere sono richiesti tempi di intervento dell'ordine dei 100 ns o anche meno. Per questo motivo non sono adatti per esempio i comuni 1N4001, troppo lenti.
  • Essere capaci di gestire correnti elevate in quanto al momento dello spegnimento tutta la corrente del motore passa nei diodi, ed in genere si tratta di ampere. Per questo motivo non sono adatti per esempio i comuni 1N4148, che sopportano correnti dell'ordine dei 100 mA.

Per l'hobbista non è sempre facile recuperare diodi adatti ma, nel caso, meglio un 1N4001 che nulla.

Una soluzione alternativa consiste nell'utilizzo di diodi zener tra collettore ed emettitore del transistor, con l'anodo connesso a massa: pur essendo migliore da molti punti di vista (maggiore velocità di intervento, migliore dissipazione di potenza), questa soluzione richiede dispositivi capaci di gestire elevate correnti alla tensione di alimentazione del motore.

Con un motore medio da 1A per fase e 12 V di alimentazione occorrono per esempio quattro zener da 15V ( > 12V) capaci di gestire picchi di potenza da 15W ( > 1 * 15).

In realtà questo ragionamento è piuttosto conservativo: il diodo deve solo permettere la dissipazione dell'energia magnetica immagazzinata nelle fasi mentre io ho fatto il ragionamento sulla potenza/corrente di picco. Considerazioni di buon senso possono ridurre tale valore alla metà o anche meno se il motore viene fatto girare lentamente; occorre però che il diodo o lo zener possa sopportare il picco di corrente per il tempo necessario alla scarica.

image012.gif - ponte ad H con diodi di ricircolo

I diodi di ricircolo sono necessari anche nella connessione con ponte ad H, come rappresentato qui sopra. Essi devono permettere il passaggio di corrente "in salita" quando tutti gli interruttori sono aperti.

A volte, utilizzando un ponte ad H, i diodi non sono presenti come componenti discreti ma viene utilizzato il diodo del substrato sempre presente tra collettore ed emettitore (o tra drain e source per i MOS):



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